Il ministro della Salute Roberto Speranza non era al corrente che di fatto l’applicazione “Immuni” voluta dal suo dicastero non è mai entrata in funzione in Veneto, una regione di 5 milioni di abitanti, crocevia commerciale e meta turistica tra le più frequentate d’Europa?

Il fatto, anche se pare già passato in cavalleria, è tutt’altro che trascurabile. “Immuni”, l’applicazione che dovrebbe avvertirci tramite il nostro smartphone se siamo entrati in contatto con un possibile positivo al virus, in Veneto non è mai stata operativa.
L’app, voluta dal ministero della Salute e colpevolmente resa disponibile solo poco prima dell’inizio dell’estate – dunque quando le nuove positività erano assai ridotte e il morbo fiaccato – ha fatto cilecca.
Il motivo, lo ha ammesso la stessa Regione, è riassumibile così: le singole Ulss non hanno i codici per effettuare il tracciamento dei dati. In sostanza, non è stato possibile seguire i movimenti di chi ha scaricato l’applicazione.

Tutta colpa della Regione? Non possiamo saperlo e nei prossimi giorni, ci auguriamo, venga fatta chiarezza. Ciò che ci risulta strano è che nessuno al ministero della Salute si sia accorto che dal Veneto non arrivavano segnalazioni. Perché delle due l’una: o a Roma hanno ritenuto che in Veneto il Covid fosse fuggito a gambe levate oppure a Roma hanno dormito.
C’è poi un’altra questione. Come mai, leggendo varie testate online, ci imbattiamo in notizie degli ultimi mesi che segnalano un tot di casi scoperti in Veneto grazie a Immuni? Che tipo di dati può aver comunicato il ministero se l’applicazione dalle nostre parti non ha mai funzionato?

L’INTERROGAZIONE
Sono domande che non ci poniamo soltanto noi. Il senatore veronese Vincenzo D’Arienzo, esponente del Partito Democratico, ha sollecitato il ministro Roberto Speranza, a dare delle spiegazioni, quantomeno a interessarsi del caso.

«Secondo notizie di stampa, – si legge nell’interrogazione parlamentare che porta la firma anche del vicepresidente della Commissione Sanità – la app in questione non sarebbe stata attivata in Veneto, ovvero non sarebbe possibile in tutta la regione condividere i dati che ha tracciato via bluetooth di tutti i contatti nelle ultime settimane».

Il fatto è confermato da un comunicato stampa della Regione del 14 ottobre secondo cui ‘entro pochi giorni, al massimo lunedì 19, i servizi di igiene pubblica dovranno comunicare ai sistemi informatici dell’ Azienda Zero i riferimenti relativi alle segnalazioni di Immuni’.

«Non può sfuggire la pericolosità di questo ritardo – ha continuato D’Arienzo, che ha aggiunto – chissà per quanti contagiati non è stato possibile effettuare il tracciamento con l’app e preoccupa che la stessa situazione possa essersi verificata anche in altre regioni. Per questo – ha concluso, chiedo al ministro Speranza una verifica per comprendere le ragioni della mancata attivazione di Immuni, sostenere ogni azione funzionale alla sua attivazione e, se necessario, surrogare la Regione Veneto. E’ inoltre necessario verificare il corretto funzionamento do Immuni su tutto il territorio nazionale».

TRA REGIONE E GOVERNO
E’ del tutto evidente che D’Arienzo punta il dito contro il governatore Luca Zaia e i responsabili delle aziende sanitarie. E però è altrettanto chiaro, in attesa che venga fatta chiarezza (semmai verrà fatta) che il ministero della Salute è quantomeno corresponsabile del pasticcio.

Nel frattempo Zaia ha parlato della situazione sanitaria: «Anche oggi il bollettino ha dati che ci impongono un approccio serio, una cinquantina di persone in terapia intensiva non sono poche, non abbiamo ancora emergenza sanitaria ospedaliera in Veneto, ma il tema ci vede coinvolti quotidianamente h24. Daremo comunicazione nei prossimi giorni di alcune scelte che abbiamo fatto, non bisogna abbassare la guardia, stiamo rifacendo l’inventario delle terapie intensive, di tutti i magazzini. Abbiamo un’autosufficienza di almeno otto mesi, 54 milioni di mascherine, siamo pronti al peggio».
Che ci auguriamo non arrivi mai.
[ da La Cronaca di Verona ]

Foto: a sinistra l’app “Immuni”; a destra dall’alto, Roberto Speranza, Vincenzo D’Arienzo e Luca Zaia.