«La Corte di Cassazione ha dato ragione ad una persona che, conscia di aver sempre operato correttamente, ha scelto di affrontare il giudizio per difendere le proprie ragioni anziché preferire la scorciatoia del patteggiamento» – questo il commento liberatorio del consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Daniele Polato, alla notizia arrivata nel tardo pomeriggio dal suo avvocato in udienza presso la Corte di Cassazione a Roma, sull’accoglimento del suo ricorso.

La Corte di Cassazione ha infatti provveduto, accogliendo questa mattina il ricorso presentato dal difensore di Daniele Polato, l’avvocato Davide Adami, ad annullare la sentenza con la quale la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di condanna a suo carico emessa in primo grado dal Tribunale di Verona a seguito del dibattimento.
Il ricorso per cassazione sollevava due obiezioni: la prima, in massima sintesi, per l’inosservanza delle norme processuali in tema di assunzione delle prove, fatto che aveva portato erroneamente i giudici a dare per accertati fatti che non potevano dirsi provati; la seconda, ancora in sintesi, per un’erronea applicazione della legge penale sulla responsabilità di natura dolosa.

I fatti che lo coinvolsero.
Polato, prima di candidarsi in Regione, era assessore comunale alla Sicurezza nella giunta veronese guidata da Federico Sboarina.
La condanna si riferisce al fatto che nel 2015 sottoscrisse firme, poi risultate false, che erano state raccolte da altre persone a sostegno della partecipazione elettorale della lista di Forza Nuova.
La sua linea di difesa ha puntato sul fatto che egli si fosse fidato di ciò che gli aveva assicurato chi aveva materialmente raccolto tutte le firme. Si era prestato, aveva detto, a difesa del principio della “democrazia partecipativa”, per assicurare il diritto di partecipare a una contesa elettorale anche a un piccolo partito.
«Quando ho vidimato quelle firme per la presentazione delle liste alle Regionali del 2015, – racconta il consiglire regionale – ho agito in assoluta buona fede e senza alcun interesse personale». – aveva spiegato in aula durante il processo di primo grado.
Ma non gli era bastata quella dichiarazione ad evitare una condanna. La tesi non fece breccia neanche in appello.
«Oggi, finalmente giustizia è stata fatta, – conclude Polato –
la decisione odierna della Corte di Cassazione scrive definitivamente la parola fine su questa lunghissima vicenda giudiziaria, che solo la certezza di essere nel giusto mi ha dato la forza di portare avanti, senza patteggiare».

Giustizia è stata fatta, ma nel frattempo.
Se non avesse avuto quel precedente penale, seppur non definitivo, Daniele Polato, consigliere regionale di Fratelli d’Italia in Veneto avrebbe potuto coltivare qualche ambizione di entrare nella giunta di Luca Zaia. Alle elezioni regionali era risultato il primo degli eletti del partito di Giorgia Meloni con 10.783 preferenze e questo lo legittimava ad assumere un ruolo di primo piano nell’amministrazione regionale.
Invece aveva dovuto fare i conti con la condanna a un anno di reclusione, coperta dalla sospensione condizionale, che gli era stata inflitta nel dicembre 2019. Poi, anche in appello a Venezia, la pena era stata confermata e quindi si poneva anche il problema della permanenza in Consiglio regionale, in base alla legge Severino che vieta di ricoprire incarichi politici in presenza di condanne penali, però, definitive. Di conseguenza, assistito dall’avvocato Davide Adami, Polato presentò ricorso e oggi, mercoledì 28 settembre 2022, la Corte di Cassazione ha emesso il verdetto definitivo annullando le sentenze di condanna precedenti.