Dopo “Il padre della sposa” e “A che servono questi quattrini?”, la rassegna “Divertiamoci a teatro” organizzata dal Teatro Stabile di Verona prosegue con l’attesissima “L’anatra all’arancia” di William Douglas Home e Marc-Gilbert Sauvajon.

La celebre commedia è in programma al Nuovo da martedì 12 a venerdì 15 dicembre con inizio alle ore 21.00. Lo spettacolo, prodotto dalla Compagnia Molière e dal Teatro Stabile di Verona, si avvale della regia di Claudio Greg Gregori e ha per protagonisti Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli. Completano il cast Ruben Rigillo, Beatrice Schiaffino e Antonella Piccolo.

“L’anatra all’arancia” del drammaturgo britannico William Douglas Home (titolo originario The Secretary Bird, 1967) viene proposta nell’adattamento francese di Marc Gilbert Sauvajon del 1971. La versione di Sauvajon andò in scena per la prima volta
in Italia nel 1973 con protagonisti Alberto Lionello e Valeria Valeri e divenne, due anni dopo, nel 1975, un film: “L’anatra all’arancia” di Luciano Salce con Monica Vitti, Ugo Tognazzi e Barbara Bouchet.

“L’anatra all’arancia” è un classico feuilleton dove i personaggi si muovono su una scacchiera irta di trabocchetti. Ogni mossa dei protagonisti ne rivela però le emozioni e le mette a nudo. A poco a poco il cinismo lascia il passo ai timori, all’acredine, alla rivalità, alla gelosia: in una parola all’amore, poiché è di questo che si parla. Non a caso, a proposito di amore, Morandini così sintetizza la vicenda: «Due coniugi inclini ai tradimenti, se ne fanno di tutti colori da dieci anni. Alla fine decidono però di mettere la testa a posto».

Nella commedia, più che dal logorio della routine, il ménage di una coppia è messo in crisi dalla personalità di lui, egocentrico e incline al tradimento. Esasperata, lei s’innamora di un uomo che è tutto l’opposto del marito. Punto sul vivo, lui studia una strategia di contrattacco e organizza un week-end a quattro: lei insieme al suo nuovo uomo, lui insieme alla sua attraente segretaria… Una curiosità culinaria: il film del 1975 sancì il presunto potere afrodisiaco della pietanza del titolo grazie a una spezia, il piticarmo, che Tognazzi aggiungeva all’anatra. Fu così che in tanti, dopo avere visto il film, si precipitarono nei negozi a cercarla. E ci restarono con un palmo di naso nell’apprendere che il piticarmo non esiste.

 

 

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