Presente anche la vittima. Il sindaco Longhi: «Riprendiamoci Legnago». Pasini: «Chiudersi in casa è una sconfitta». Ma tra i cittadini cresce la richiesta di sicurezza concreta.
LEGNAGO – Un corteo silenzioso ma carico di emozione, rabbia e dolore ha attraversato ieri sera l’argine del fiume Adige, a pochi metri dal luogo dove una donna di 45 anni è stata brutalmente violentata il venerdì precedente. Oltre duemila persone – tra cui la vittima stessa – hanno partecipato alla marcia organizzata dalla Commissione Pari Opportunità e dalla Pro Loco, con il patrocinio del Comune.
Senza striscioni né bandiere, i partecipanti hanno sfilato in silenzio con un nastrino nero al polso, simbolo di lutto e solidarietà. Un unico slogan non scritto ma condiviso: «Basta paura. Riprendiamoci Legnago».
Una comunità ferita, ma presente
In prima fila il sindaco Paolo Longhi e il presidente della Provincia Flavio Pasini, insieme a una ventina di sindaci da tutta la Bassa Veronese e oltre. Dietro di loro cittadini, rappresentanti di partiti anche di schieramenti opposti, associazioni civiche e culturali, esponenti della comunità islamica e delle forze dell’ordine. Presenza visibile ma discreta quella della vittima, che ha voluto camminare accanto ai suoi concittadini nel tratto dove la sua vita è stata spezzata da una violenza indicibile.
«Abbiamo marciato per una donna che ha l’anima trucidata, per chi ha paura di uscire di casa, per chi si sente ospite nelle proprie strade», ha dichiarato il sindaco Longhi. «I nostri parchi, le nostre strade, non sono proprietà di chi colpisce nel buio, ma di chi vive nella legalità. Il dolore di quella donna ci riguarda tutti. Non basta stringersi a lei: dobbiamo agire».
Sicurezza, tensioni e appelli
La manifestazione si è conclusa all’oasi della Verbena, con parole forti anche dal presidente della Provincia Pasini: «Chiudersi in casa è una sconfitta. Questo territorio deve restare unito, ma servono nuove forze dell’ordine, serve un commissariato. E servono decisioni rapide».
Sul fronte della sicurezza, infatti, l’indignazione monta: l’aggressore – un giovane di origine nordafricana – è ancora ricercato, mentre le indagini sono coordinate dal sostituto procuratore Elvira Vitulli. Pochi giorni prima, sempre sull’Adige, un altro tentativo di aggressione era stato denunciato da una donna riuscita a fuggire. Su quell’episodio, che coinvolgerebbe un molestatore seriale noto nella zona, sono in corso indagini.
E mentre i cittadini chiedono protezione, non sono mancate anche tensioni, con qualche striscione isolato contro l’immigrazione. Un segnale di nervosismo crescente che non può essere ignorato, pur senza lasciarsi guidare dalla paura o dalla retorica dell’odio.
Il ruolo della comunità islamica e le responsabilità condivise
Particolarmente significativa la presenza dell’associazione culturale islamica Al Wifaq, che ha espresso solidarietà e condanna per l’aggressione: «Tocca tutti noi. Vogliamo una città dove ogni persona possa camminare senza paura, nel rispetto e nella dignità».
Un gesto apprezzato dal sindaco Longhi, che ha invitato esplicitamente la comunità musulmana a «non coprire chi vive nell’illegalità: il silenzio non è discrezione, è omertà. E non possiamo più tollerarla».
Considerazioni: dalla solidarietà all’azione
Se il corteo è stato un gesto civico importante, resta aperta una domanda scomoda ma inevitabile: basterà la solidarietà a fermare una percezione di insicurezza che cresce tra i cittadini, soprattutto donne, soprattutto la sera? La politica locale ha chiesto più mezzi, più uomini, più controlli. Ma la risposta, per essere credibile, dovrà essere concreta, coordinata e rapida.
Altrimenti, l’indignazione – oggi composta e silenziosa – rischia di esplodere in sfiducia e divisione. Legnago, e il territorio della Pianura, non possono permetterselo.
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