Liste d’attesa record, carenza di medici e fuga dagli ospedali pubblici. Critiche trasversali a Zaia e Lanzarin, anche dal centrodestra. Cresce il ricorso agli sportelli di mutuo aiuto.

In Veneto c’è chi smette di curarsi. Non per scelta, ma perché il sistema sanitario pubblico non riesce più a garantire risposte in tempi utili. A denunciarlo sono i volontari dei 22 sportelli di mutuo aiuto presenti sul territorio, presi d’assalto da cittadini – soprattutto anziani – che non trovano appuntamenti disponibili al Cup entro le scadenze indicate dalla ricetta medica.

“La situazione è allarmante”, spiega Cristina Ceriani, referente del coordinamento. “Ogni giorno riceviamo segnalazioni di persone che non riescono a prenotare esami fondamentali, o che rinunciano alle cure perché non possono permettersi i costi del privato”.

Un dato su tutti: secondo il Ministero della Salute, il 7,4% dei veneti ha rinunciato nel 2023 a curarsi a causa di liste d’attesa troppo lunghe e dell’impossibilità di sostenere economicamente alternative private.

ZAIA E LANZARIN NEL MIRINO, ANCHE DAL CENTRODESTRA

La questione è diventata ormai terreno di scontro politico trasversale. Nel mirino ci sono il presidente della Regione, Luca Zaia, e l’assessora alla Sanità Manuela Lanzarin. Le critiche arrivano da ogni fronte: dal centrosinistra, con la consigliera Pd Anna Maria Bigon, fino al centrodestra, con Flavio Tosi (Forza Italia) e Stefano Valdegamberi, esponente della lista Zaia.

Il commissariamento da parte del Ministero della Salute sarebbe legittimo, i presupposti ci sono tutti”, attacca Bigon. “La Regione si limita a distribuire i fondi che arrivano da Roma senza metterci del suo. Zaia ha annunciato miglioramenti, ma la realtà è ben diversa. È una crisi strutturale frutto di vent’anni senza programmazione”.

Ma anche Flavio Tosi non fa sconti: “La situazione delle liste d’attesa è ormai insostenibile. Non si può continuare a ignorare i disagi dei cittadini. Servono scelte coraggiose, investimenti strutturali e più risorse al pubblico. Delegare tutto al privato convenzionato significa abbandonare i principi di equità e universalità del sistema sanitario”.

Sulla stessa linea Stefano Valdegamberi, che pur essendo stato eletto nella lista del presidente, prende le distanze dall’assessora Lanzarin: “Non basta dare la colpa alla carenza di medici. La programmazione è mancata, e oggi ne paghiamo le conseguenze. Il sistema pubblico è sotto stress, e il rischio è che si perda definitivamente la fiducia dei cittadini”.

DUE ANNI PER UN’OPERAZIONE, SUBITO NEL PRIVATO A 3MILA EURO

Uno degli esempi più emblematici riguarda l’intervento alla cataratta: nella sanità pubblica l’attesa media è di due anni. Nel privato convenzionato, invece, con un pagamento di 3mila euro, si può essere operati quasi immediatamente. “È il segno di una sanità che sta diventando a due velocità”, denuncia ancora Bigon.

I dati confermano il quadro: i ricoveri per residenti in Veneto sono calati da 90.712 a 88.732 nell’ultimo anno, e anche le prestazioni ambulatoriali sono in discesa (da oltre 9 milioni a 8,7 milioni).

FUGA DI PERSONALE E BANDI DESERTI

Sul fronte del personale, la situazione resta critica. Secondo la stessa Giunta regionale, in Veneto mancano 3.500 medici, ma i bandi continuano a rimanere deserti. “Occorre introdurre meccanismi premianti per chi sceglie il pubblico – afferma Bigon – e rilanciare la medicina territoriale, partendo dalle Case di Comunità e dalla telemedicina”.

Zaia ha recentemente annunciato uno stanziamento di 40 milioni di euro per abbattere le liste d’attesa. “Un primo passo, ma non basta. Servono interventi strutturali e una forte pressione in Conferenza Stato-Regioni per modificare le normative nazionali”, insiste la consigliera.

RSA IN AFFANNO: 1.600 ANZIANI IN LISTA SOLO A VERONA

Un altro nodo critico riguarda l’assistenza agli anziani. Le domande per accedere alle Rsa con impegnativa sono in crescita esponenziale: nel solo Veronese, da 954 del 2022 a 1.451 del 2024. A livello regionale si è passati da 7.582 richieste a oltre 10.400 in tre anni.

E sul fronte della medicina di base, i numeri sono altrettanto allarmanti: “Il nuovo ruolo unico è partito malissimo – conclude Bigon – con solo 35 domande nel Veronese a fronte di oltre 350 incarichi vacanti. L’ennesimo segnale che il sistema pubblico è sempre più in affanno”.

 

 

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