Non ci ha pensato due volte l’ex sindaco di Villa Bartolomea, Luca Bersan, 52 anni, a rassegnare le sue dimissioni da consigliere comunale di minoranza dopo l’ennesimo “dispetto” da parte dell’attuale amministrazione guidata dal sindaco Andrea Tuzza dovuta alla scelta dello spostamento del municipio da Villa Ghedini alla vecchia sede storica.

Dopo 16 anni di impegno amministrativo, prima vice e delfino del sindaco Loris Romano, poi sindaco per due mandati dal 2007 al 2017, e da maggio 2017 consigliere di minoranza del gruppo “Liste Unite”.

Hai scelto di togliere il disturbo, di rinunciare al ruolo per cui i cittadini ti avevano votato. Cosa succede, perché questa decisione.

«Succede che a governare Villa Bartolomea abbiamo un’amministrazione comunale di sinistra che ha fondato il suo programma nel demolire tutto ciò che era stato fatto precedentemente anzichè costruire e migliorare.
Le Suore Giuseppine e Villa Ghedini, due mie conquiste amministrative per la comunità, sono state demolite dalla loro politica; e poi, ancora, la Casa di Riposo “Gasparini”, il Centro diurno, la Medicina Generale e infine la vicenda della Zai con le loro verità mai dette. Basta, la misura era colma».

Hai fatto riferimento alla Casa di Riposo “Maria Gasperini”, perché.

«All’insediamento dell’amministrazione Tuzza è stato messo in atto ogni sistema per destabilizzare il clima della Casa di riposo, retta da un consiglio nominato dalla mia precedente amministrazione.
Attraverso alcuni famigliari degli ospiti si è cercato di colpire in tutti i modi il consiglio di amministrazione dell’Ipab, poi lettere alla Regione Veneto da parte del sindaco, articoli sul giornale per mettere in cattiva luce l’Ipab, fino alla richiesta scritta da parte del primo cittadino di dimissioni del presidente e del Cda dell’Ipab. Da sottolineare che il sindaco non è competente in materia, in quanto il controllo della Casa di Riposo è esclusivo della Regione Veneto».

E il Centro diurno cosa c’entra.

«Sono riusciti a chiuderlo. Una struttura finanziata con un contributo della Regione che operava e che dava un servizio eccellente alle persone anziane del Comune ma anche da fuori Comune, che doveva essere a supporto della Casa di Riposo; così era stato con la mia amministrazione, poi è stato ostacolato fin da subito dalla nuova giunta, che anziché sostenerlo ha messo in atto ogni azione per renderne prima difficile e poi impossibile la sua attività».

Spiegati meglio, hai detto che è stato chiuso.

«Certo. Con le Suore Giuseppine, preziosa presenza in paese fatte arrivare durante il mio mandato amministrativo con l’aiuto della professoressa Marilena Bonfante, avevano il compito fra l’altro di gestire il Centro Diurno ricreativo ed assistenziale per anziani autosufficienti di Spinimbecco e abitavano all’interno dello stesso in un appartamento costruito per loro.
Poi, “fatte convinte” dall’amministrazione Tuzza a dover tornare presso la Casa di riposo a Villa Bartolomea ben sapendo che non vi erano gli spazi, creando così un clima teso fra amministrazione comunale e Ipab tale da far decidere alla Suore di lasciare per sempre Villa Bartolomea.
I mancati contributi, che prima erano fondamentali per sostenere il Centro Diurno, per il pagamento di bollette luce e gas, tassa rifiuti, ecc. che prima venivano pagate dal Comune sotto forma di contributo sono stati poi tagliati impedendo di fatto il sostentamento economico del Centro. Il Coronavirus poi ha fatto il resto e ora il Centro Diurno è ancora chiuso».

E con la Medicina di Gruppo cos’è successo.

«Avevo destinato e attrezzato l’ex sede municipale per la Medicina di Gruppo, per accogliere i medici di Villa Bartolomea e Castagnaro, in accordo con Regione e Ulss, quest’ultima aveva apprezzato in modo particolare proprio il sito per la sua centralità in paese e per la sinergia fra amministrazioni a beneficio delle comunità.
Villa Bartolomea e Castagnaro, tra i primi nel veronese, avevano la loro Medicina di Gruppo, con le previsioni di ampliamento dei servizi medici e paramedici che erano già in corso di trattativa con altri centri medici per prelievi ed esami del sangue, medici professionisti convenzionati con l’Ulss che avevano chiesto di utilizzare i piani superiori liberi dell’ex sede municipale.
Ancora una volta tutto questo è stato “stravolto”, trasferendo la Medicina di Gruppo in altra sede, di proprietà privata, perdendo anche la corresponsione dei canoni di affitto per il Comune, ma soprattutto è venuta a mancare quella sinergia fra amministrazione comunale e Azienda Sanitaria che avrebbe potuto garantire in futuro ulteriori servizi che un privato non può, alle stesse condizioni, offrire».

Nell’agosto di quest’anno il municipio di Villa Bartolomea, da Villa Ghedini, è tornato nella sua sede storica. Anche qui senza non poche polemiche.

«Le polemiche erano inevitabili. Il ritorno da parte dell’attuale amministrazione, che è minoranza numerica in paese, nella vecchia sede ristrutturata con oltre 200mila euro di soldi pubblici spesi e per lo scopo “trovati” in breve tempo.
Vi era la possibilità, vista l’emergenza Covid, proposta da entrambi i gruppi di minoranza, di collocare nella ex sede municipale parte dei ragazzi delle scuole del capoluogo che ora sono in ristrutturazione e che tra l’altro è situata proprio a due passi dalla sede scolastica. Invece no. Per assoluto divieto imposto dal sindaco non si è voluto dar seguito a questa richiesta, che era la più logica e la più razionale, proprio per la comodità logistica offerta; una serie di banali motivazioni hanno fatto sì che le scuole fossero trasferite presso il Centro Polifunzionale Romano, stravolgendo sia la sala civica che le due sale da ballo superiori, con la creazione di pareti mobili; mentre una restante parte degli alunni sono stati trasferiti addirittura nei lontani locali della canonica parrocchiale con costi ingenti a carico della comunità.
Ma non è tutto. L’inaugurazione in forma ufficiale della ex sede della sala consiliare è avvenuta senza nemmeno invitare i consiglieri comunali di minoranza».

Cos’è successo con Villa Ghedini, una tua creatura, se non ricordo male.

«La sua chiusura: una pugnalata al cuore forse avrebbe fatto meno male. E’ stato chiaro fin da subito che si è trattato di una mera rivalsa politica, come è stata definita anche dalla famiglia Ghedini, ad opera dell’attuale amministrazione, che ha sacrificato il più bel palazzo comunale del territorio per farlo diventare ora luogo di ballo e fitness: decisione miope che non hanno avuto come obiettivo la valorizzazione di questa prestigiosa location, con il suo imponente parco retrostante con ghiacciaia storica, ma solo ed esclusivamente equiparato ad un fabbricato del passato.
Villa Ghedini, che la mia amministrazione ha saputo restituire alla comunità dopo decenni di chiusura e abbandono, attraverso contributi regionali, europei e privati che mai erano stati ottenuti in precedenza, prevista come sede Comunale fin dai tempi del compianto sindaco Romano, è degradata ora a sala fitness pilates».

Non sempre ci sono stati giudizi positivi nei confronti del tuo operato, si è parlato di debiti, di dissesto comunale. Come stanno le cose.

«Nei miei confronti si è da subito messo in atto, sempre dai nostri amici compagni, un assurdo maligno discredito facendo passare il messaggio che ci fossero debiti fuori bilancio, fatture scoperte, conti a rischio e quant’altro.
Nulla di più inventato ad arte per nascondere la situazione reale che invece è sempre stata collegata alla devastante operazione Zai di Carpi, che ha compromesso i bilanci mantenendo a residuo somme che non era possibile mantenere. Questa è la storia inventata dei debiti fuori bilancio che si è voluto portare ripetutamente all’opinione pubblica e in consiglio comunale, da titoloni sui giornali di rischio dissesto si è arrivati a 160mila euro di debiti fuori bilancio, somme che non erano in realtà debiti fuori bilancio ma somme ancora da riscuotere da cittadini e aziende insolventi nei pagamenti della tassa rifiuti. Problema comune a tantissimi altri comuni, visto che il servizio raccolta trasporto deve essere comunque garantito per legge».

Si è parlato per tanto tempo e in senso negativo dell’affaire Zai di Carpi. Una storia vecchia che si è conclusa con una sentenza alcuni mesi fa.

«Anche questa è una vicenda che l’amministrazione Tuzza ancora non ne spiega completamente la conclusione. È stata emessa dai giudici una sentenza di condanna e non di assoluzione degli amministratori comunali del passato per una vertenza aperta dalla Corte dei Conti che risaliva al 2003, e che solo grazie alla prescrizione gli stessi non hanno pagato quello che era stato loro richiesto a titolo di risarcimento per danno erariale. Basti pensare che con le somme a loro imputate si sarebbe azzerato il debito del Comune, che invece è ancora oggi in essere e vincolato alla Zai di Carpi, un’area produttiva industriale ancora completamente da vendere.
Lo sconto così tanto sbandierato da questa amministrazione ottenuto dalla banca per la chiusura del fido non ha chiuso il debito del Comune, anzi, il fido bancario è stato chiuso aprendo contestualmente un nuovo mutuo con un’altra banca della durata di 30 anni, fatto con un tasso variabile, cosa che nessun comune si sognerebbe mai di fare, che potrà diventare si questo un Dissesto negli anni a venire se non saranno venduti i terreni, cosa molto difficile anche per i due metanodotti che vi passano sotto.
In consiglio comunale abbiamo chiesto più volte che venisse pubblicata sul sito del Comune la sentenza di pronuncia della Corte dei Conti di Roma, come sarebbe previsto per legge, ma da febbraio nulla è stato pubblicato: come mai? Perché non si vuole far conoscere la verità dei fatti ai cittadini».

Un’ultima domanda è d’obbligo: ti sei dimesso da consigliere comunale ma non dalla politica, cosa farai alle prossime elezioni.
Domanda inutile, Luca Bersan ex sindaco per due mandati di Villa Bartolomea mi guarda, sorride ma non risponde.
Poi si gira e ammira ancora una volta la sua creatura Villa Ghedini, diventata ora un centro fitness pilates e chissà cos’altro ancora.

Foto: a sinistra, Villa Ghedini; a destra, l’ex sindaco Luca Bersan.